SI, VIAGGIARE...
scrivere, fotografare...
Lui, Lei e Richard
Erano in vacanza in Sardegna, in Costa Smeralda, ospiti di amici in un camping chiamato Campeggio Cossu. L’atmosfera dai Cossu era fantastica a dire poco: il piccolo campeggio situato nella montagnosa costa est dell’isola veniva invaso nelle torride estati sarde da una serie di carovane, roulottes e campers non convenzonali che arrivavano sull’isola e scaricavano un orda di gente che voleva godersi la Sardegna, tesoro culturale e naturale del nostro Bel Paese, senza dovere per forza alloggiare in uno dei costosi hotels dei Vip. In quella costa, pernottare una stanza in una stamberga costava piu di una settimana in regime tutto compreso a Rimini. Ovviamente arrivavano tutti muniti di biciclette, scooters pieghevoli, monopattini e qualsiasi altro mezzo potesse aiutarli a girare i dintorni un maniera economica e senza dovere ricorrere all’affitto degli scassati motorini del campeggio, per poi condividere le stradine scoscese con muli e contadini col rischio di rovinose cadute, oppure farsi chilometri a piedi sotto il sole cocente per arrivare ad una spiaggia.
Kelly e Pablo ci erano arrivati con un vecchio camper Fiat preso in prestito dai genitori di lei; era parcheggiato in disuso nel giardino di casa della sorella, orfano di avventure da anni, e avevano pensato che potesse fare al caso loro per una delle tante avventure sognate in passato e mai realizzate: viaggiare l’Europa per strada ed in economia. Avevano perciò portato il vecchio mezzo dal meccanico del paese, Francesco detto Francè, un meridionale trasferitosi al nord trent’anni prima che si era fatto volere bene in paese e aveva un rapporto speciale coi motori. Maniche rimboccate per bene, dopo una buona mezz’ora di sguardi al motore, spurghi e diagnosi mentali aveva sentenziato: se po’ fa, si può fare!
Pablo stava passando un periodo in cui scrivere gli veniva bene e si era perciò messo a lavorare ad un nuovo romanzo; gli serviva concentrazione, buon clima e aria di mare, e quale posto migliore di un camping sperduto in cima ad una scogliera sarda, vista a mare, con pochi e tranquilli vicini figli dei fiori che non disturbavano se non per offrire l’occasionale tiro di canna? E così, aggiustato il camper, intrapresero il viaggio ed arrivarono al Campeggio Cossu i primi di luglio in una stupenda giornata di solleone estivo.
Si adattarono alla svelta alla nuova routine: dapprima un’abbondante colazione, poi Pablo scriveva e Kelly andava in libera uscita; pranzo, Pablo scriveva e Kelly ancora in libera uscita; cena, passeggiata, una mezz’oretta seduti su sedie di vimini nella terrazza della piazzola fumandosi una qualche sigarettina fatta a mano col tabacco fresco, e a nanna, il tutto con intermittenti sessioni d’amore ad orari vari e mai programmati. Kelly però dopo una settinana passata a socializzare coi simpatici vicini di piazzola prima, estendendo sempre più giorno dopo il suo giro di conoscenza fino ad avventurarsi ai confini del campeggio, e poi coi proprietari del campeggio e coi gestori dei bar, aveva parlato chiaro a Pablo e settato delle regole: scrivere va bene, è una passione e fa guadagnare da vivere e risparmiare per futuri viaggi - ma quella stava diventando troppo una routine per lei e non riusciva a divertirsi. Perciò, da quel giorno in poi, la disciplina veniva accettata se divisa in parti (quasi) uguali. Un giorno ognuno per i fatti propri – lui a scrivere, ovviamente, e lei a dipingere, disegnare, leggere, passeggiare, soleggiarsi in spiaggia o socializzare – e il giorno seguente camminata assieme nella natura. Siccome tra loro c’era sempre stato, ed ancora c’è, un rispetto recipoco ed una naturale apertura alle opinioni nonché bisogni dell’altro, a lui non costò nessuna fatica accettare il tra l’altro piu che piacevole compromesso; in fondo, aria sana e passeggiate in mezzo alla natura non potevano che giovare alla sua ispirazione, che durante alcuni giorni raggiungeva livelli minimi da borsa Europea in crisi. La prima escursione era programmata per il giorno successivo.
Si svegliarono di buon ora, fecero colazione con caffè nero, pane sardo duro e tostato, burro fresco ed una deliziosa marmellata di mirtilli fatta in casa da chioccia Matilde Cossu, nonna di Giuseppe detto Peppino, l’allora gestore e titolare del Campeggio Cossu, che durante i lunghi, freddi e noiosi inverni sardi si dedicava alle conserve. Prepararono gli zainetti piccoli con poche cose: una borraccia con acqua fresca, un tozzo di pane avanzato dalla colazione – le porzioni di nonna Cossu erano generose a dir poco – un’asciugamano piccola, una maglietta ed un costume da bagno di riserva, nonché il ‘Passeggiate nel Nord della Sardegna’, che lui aveva acquistato di seconda mano a pochi soldi da un libraio giù in paese. La data di pubblicazione risaliva a 20 anni prima; il libro era infatti una serie di fotocopie di manoscritti e di mappe della zona disegnate a mano da un certo Pastore Piddu (non ridete, si chiamava proprio così) con al lato di ognuna la spiegazione di come proseguire lungo facili percorsi, secondo Piddu poco battuti.
Si misero le scarpe da trekking e cominciarono a camminare in direzione scogli; arrivati alla scogliera, imboccarono il sentiero alla loro sinistra risalendo un facile pendio. La vegetazione era brulla e secca, la maggior parte delle piante erano particolarmente secche; con temperature che superavano i 40 gradi e la pioggia che non visitava quelle parti da mesi, non ci si poteva aspettare altro. I cactus spopolavano, con la loro fioritura e fruttificazione di fichi d’India, tanto succulenti quanto insidiosi. Pablo e Kelly spesso si fermavano a raccoglierne un paio, li sbucciavano con cautela col coltellino svizzero, stando attenti ad evitare che le migliaia di invisibili spine che la pelle di ogni frutto conteneva si attaccassero alle magliette, procurandogli un prurito fastidioso (condizone che nell’indumento durava anche due o più lavate). Ne mangiavano poi la dissetante e sanguinolenta polpa, macchiandosi i polpastrelli e le labbra. Questo li faceva ridere a dismisura, e dalla felicità si davano un lungo bacio ad ogni fico consumato.
Camminavano oramai da un paio d’ore, il sole era alto in cielo quando, sormontata l’ennesima collina e passata l’ennesima scogliera frastagliata che dava a picco sul mare, arrivarono ai piedi di un promontorio. Il sentiero proseguiva scosceso lungo una salita che portava in cima, ma verso metà strada tra loro e la cima questo era sbarrato alla benemeglio da un cancello in ferro chiuso con un catenaccio e un luchetto arrugginito; una staccionata di legno, rete metallica e filo spinato messi assieme con fil di ferro proteggeva la proprietà, recinto che proseguiva per metri e metri da entrambi i lati. Su di un cartello in legno era stata verniciata, cancellata in parte dall’inesorabile clima torrido di molte estati, la scritta ‘Non oltrepassare, proprietà privata’. Pablo propose di raggirare il promontorio dalla parte sinistra, lungo la radura; ci si sarebbe messo più tempo, ma chi gli correva dietro? Kelly però non ascoltava, contemplava il libro di trekking alla pagina del percorso che avevano scelto, e dopo una breve pausa in cui si limitò a scrurtare intensamente il rustico sentiero sbarrato e l’ingiallita pagina del libro ad occhiate intermittenti, sentenziò:
- La guida dice chiaramente che il sentiero è pubblico e percorribile, e perciò si prosegue.-
Lui non era molto dell’idea; il sole gli stava letteralmente cuocendo il cervello, si era dimenticato il cappello e quella sosta di 10 minuti aveva peggiorato la situazione. Non avevano incontrato ombra alcuna per almeno un’ora, e non ne vedeva nessuna all’orizzonte.
- Amore, la guida è di almeno 20 anni fa ed il pastore che l’ha scritta e disegnata ai tempi è probabilmente gia passato a miglior vita; per quello che ne sappiamo alcuni terreni saranno passati di mano, venduti e diventati privati, e il nuovo proprietario non avrà voglia di avere viandanti, pastori e turisti in escursione che passano dalla sua proprietà tutti i giorni.-
Ma non ci fu verso, Kelly era decisa nella sua missione di intrepida esploratrice e si incamminò verso il colle imperterrita, sotto lo sguardo rassegnato di Pablo. Disse solo:
– Vedi tu, io vado.
Lui si sedette per terra e si limitò ad osservarla mentre lei raggiungeva la staccionata, la otrepassava facilmente grazie ad uno squarco sul lato destro, raggiungeva la cima e, dopo essersi girata brevemente per regalargli un sorriso biricchino, sparì dalla sua vista. Pablo non ebbe il tempo di ragionare se raggiungerla o meno, e quando oramai si era messo lo zaino di nuovo in spalla ed era pronto per incamminarsi, sentì le grida di lei. La vide rispuntare repentinamente dalla cima della verde collina: correva a gambe levate e con lo sguardo a dir poco serio. Poco prima di arrivare alla staccionata, ecco che spuntarono due cani in corsa; pastori tedeschi, scuri e rabbiosi, mostravano i denti durante la corsa a falcate, e abbaiavano con un certo volume, il che rendeva la scena sufficentemente drammatica. Kelly riuscì a infilarsi nello squarcio, mentre i cani le si avvicinavano velocemente. Quando oramai era dall’altra parte, uno dei due pastori tedesci, quello dall’aspetto più rabbioso, si lanciò verso la gamba di Kelly ancora dall’altro lato dello squarcio e schiuse i denti. Il grido fu tremendo; lei riuscì a rotolare fuori e cadde, fortunatamente senza farsi troppo male, mentre Pablo correva in sua difesa.
Dalla cima spuntarono all’improvviso due guardie in divisa, si affrettarono giù per la collina e con fischietti e grida fermarono la missione omicida dei cani. Si assembrarono poi attorno a Kelly, la quale si lamentava imprecando e mostrava la coscia sporca e contusa. Il danno era leggero, superficiale: fortunatamente la belva aveva solo morso di striscio e le aveva procurato una ferita che sembrava più un graffio che una cosa seria. Le guardie precisarono che quella era proprietà privata, c’era scritto ben chiaro sul cartello; come si era permessa la donna ad oltrepassare la staccionata pur vedendo l’avvertimento? Kelly continuava a lamentarsi e tutti convennero che andava medicata per evitare una possibile infezione. Le guardie la sollevarono, lei si liberò scocciata dalla presa e disse, stizzita, che poteva camminare da sola. Uno dei guardiani le offrì di seguirli verso la casa per procedere ad una medicazione, mentre l’altro apriva il luchetto ed il cancello per farci passare. Si incamminarono, e Pablo, stando bene attento a non farsi sentire da Kelly, si scusò coi guardiani affermando di averglielo detto, ma lei niente, non c’era stato verso di fermarla. I cani li accompagnarono durante il tragitto, tenuti tranquili dalla presenza delle guardie.
Arrivati in cima al colle, lo spettacolo che si aprì dall’altro lato era sorprendente a dir poco: un castello in stile medievale, ben ristrutturato, con bastioni, torrette, tutto mattoni a vista e circondato da un prato inglese verde e rigoglioso, immerso in un grande parco di diversi ettari caratterizzato da una grande varietà di piante, con panchine in legno ed in ferro battuto nelle zone limitrofe, collegate da graziosi sentieri contornati da aiuole in fiore; una mansione in piena regola. Arrivarono ad un baracco in legno tra il colle e la casa, rustico ma lussuoso; le guardie entrarono, chiesero a Pablo e Kelly di attendere, e tornarono fuori dicendo che non c’erano garze o botteghino medico, bisognava andare in casa, proprio cosi dissero: in casa. Arrivarono all’entrata, un massiccio portone in legno dalle maniglie in ferro battuto che i due aprirono a fatica. Dentro, un salone di almeno 200 metri quadri con soffitto alto metri e metri, talmente tanto che lui non si azzardò a cercare di indovinare quanto fosse alto. Ai muri, quadri giganteschi raffiguranti scene di caccia, nobili a cavallo, e ancora paesaggi di campagna, scogliere, dipinti ad olio probabilmente di inestimabile valore pensò lui. L’arredamento era sobrio ma di pregio: mobili antichi in legno, scaffali con porcellane esposte alla perfezione. Ad ogni angolo una statua in marmo o in ferro. Lui era cosi assorto che non si accorse che una delle due guardie gli stava rivolgendo la parola:
– Lei attenda qui, noi andiamo a medicare sua moglie – e sparirono con Kelly al fondo di un lungo e buio corridoio.
Si sedette su un divano di fattezze antiche, si guardò di nuovo attorno, osservando quadri e oggettistica, per poi fermare lo sguardo su di una porta massiccia, intarsiata, al lato di una vecchia cassaspanca. Un silenzio tetro regnava, e la curiosità lo sopraffece: si alzò, raggiunse il portone a passi felpati sui morbidi tappeti orientali, girò l’enorme maniglia in ottone e lo aprì. Entrò, e la scena che si mostrò a lui ebbe dell’incredibile: un salone di forma rotonda, col soffitto alto; al suolo una serie di banconi bar con centinaia di bicchieri dalle piu svariate forme, e sull’intera parete rotonda scaffali in legno massiccio dove era posata la piu fornita collezione di bevande alcoliche che avesse mai visto. C’era di tutto, dai vini piu pregiati dentro a frigoriferi dall’apparenza lussuosa, ai gin, vodka, cognac, grappe, limoncelli, cachasa, una serie di bottiglie di spiriti a lui sconosciuti, di tutto e di piu. Si soffermò sulla sezione di whisky, la bevanda che più gradiva: c’erano tutti i suoi migliori amici, di varie annate e invecchiamenti, compreso una rara bottiglia di Bowmore che lo fece sognare.
Un rumore alle sue spalle lo fece trasalire; si voltò e vide un uomo che gli si stava avvicinando a passo lento. Un uomo di mezz’età, capelli corti e brizzolati, di aspetto fine; vestiva sportivo: pantaloni blu, scarpe da polo e una camicia bianca aperta in petto e con le maniche arrotolate fino ai gomiti. Aveva lo sguardo amichevole, e gli disse semplicemente, in inglese ed in maneira naturale, come quando si saluta qualcuno che ci si aspetta di vedere:
– Salve.
Pablo iniziò a scusarsi, come gli era mai saltato in mente di avventurarsi lì, da solo, in una ‘casa’ che non era la sua, e gli raccontò brevemente la storia di sua moglie e del morso del cane. L’uomo lo ascoltò e rispose:
– non vi preoccupate; non siete ospite sgradito. Ho visto che osservavate con attenzione i whisky, vi piacciono?
- Sono la mia bevanda preferita – rispose concitato Pablo.
- Quale preferite tra quelli? – domandò l’uomo.
- Se mi permettete, Mister, il Bowmore è sicuramente quello che gradisco di più.
- Bene – rispose l’uomo in tono pacato e gentile. Prese uno sgabello pieghevole da dietro uno dei banconi bar, lo aprì con gesti calmi, si avvicinò alla scaffalatura, vi salì di due gradini e afferrò con gentilezza la bottiglia di Bowmore non ancora aperta. Scese, la pose sul bancone, prese due bicchieri da whisky, li spolverò con un fazzoletto di lino bianco e si apprestò ad aprire la bottiglia.
- Non la aprirete per me spero – domandò Pedro.
- Non vi preoccupate, non ricevo molte visite qui e mi fa piacere una chiacchierata con voi se non vi dispiace – dopo di che aprì la bottiglia, posò il tappo con delicatezza e fece per versare il liquido.
– come lo preferite? – gli domandò prima di iniziare a versare.
- Liscio grazie, senza ghiaccio – si affrettò a rispondere Pablo.
- Anche io lo bevo così – precisò l’uomo, e versò un’abbondante quantità nei due bicchieri.
I due si sedettero al bancone su comodi sgabelli di mogano coperti da cuscini imbottiti in pelle, e sorseggiarono lentamente il liquido ambrato, che scendeva scaldandogli esofago e budella, senza scambiarsi una parola. Pablo allora ruppe il silenzio e gli raccontò che era in Sardegna in viaggio-lavoro, che stava scrivendo appunti per il suo prossimo libro, che chissà se lo avrebbe mai pubblicato, e che mai si sarebbe aspettato di fare un incontro così interessante durante una semplice passeggiata con la moglie che gli sarebbe servita per togliere gli occhi dal computer e vedere un po’ di natura.
L’uomo in cambio gli raccontò che stava affrontando una separazione, e che visto che erano momenti emozionalmente duri, aveva deciso di passare un pò di tempo a meditare nella sua residenza estiva. Gli disse che aveva la passione per le moto e che si era fatto mandare, con un aereo privato, la sua Harley in Sardegna, ma che la usava poco dovuto alle strade malmesse e piene di curve dell’isola e all’impossibilità dell’Harley di piegarsi piu di quanche grado prima che i copripedanina toccassero l’asfalto. Detto ciò, verso un altro bicchiere. Pablo gli raccontò delle sue esperienze motociclistiche in Africa, Europa, e in tutt’Italia, con moto enduro di alta cilindrata che si piegavano fino a far toccare il ginocchio del centurione per terra, e che il suo compagnio di chiacchierata mattutina avrebbe sicuramente apprezzato.
Pablo poi disse all’uomo, d’improvviso ricordandosene:
– Se arrivasse mia moglie, non berrebbe nemmeno un goccio di questi alcolici, soprattutto a quest’ora. Chiederebbe una soda, e con poco ghiaccio, che non fa bene alla digestione berla troppo fredda, direbbe proprio così.
I due si fecero una sonora risata. Pablo guardò l’orologio a pendolo sulla parete: era la una ed erano al terzo whisky; non ebbe nemmeno il tempo di pensare a cosa avrebbe detto Kelly al riguardo, che lei apparve sulla porta con la coscia visibilmente fasciata, seguita da una delle due guardie.
– Ecco dove ti eri cacciato, finalmente ti ho trovato, questo castello è un labirinto, meno male che questi gentiluomini… - Kelly non fece in tempo a finire la frase, guardò i due uomini intenti a bere whisky e si avviccinò lentamente al bancone.
- Ciao cara – disse Pablo – stavo esplorando la casa quando mi sono imbattuto in questo salone immenso, e il gentilissimo padrone di casa qui presente mi ha invitato ad un whisky.
- Piacere – l’uomo le tese la mano – Richard.
- Il piacere è mio, – disse lei – Kelly.
- Cosa gradirebbe bere Kelly? Un whisky?
- Per carità, a quest’ora. No, vorrei semplicemente una soda se non è un disturbo, e con poco ghiaccio che non fa bene alla digestione berla troppo fredda.
I due uomini trattennero una risatina nervosa; il padrone di casa si chinò per prendere un bicchiere da dietro al banco, e Kelly ne approfittò per dare una secca gomitata nel fiancho a suo marito e sussurrargli all’orecchio: - è Richard Gere!
Pablo riflettè ma non si sorprese piu di tanto, tutti sti famosi che avevano acquistato ville in Sardegna, di qualcuno importante si doveva trattare visto che aveva nientepopodimeno che un castello come residenza estiva. Richard Gere sentì il commento nonostante lei lo avesse solo sussurrato. Si alzò col bicchiere in mano, la guardò dritto negli occhi, e le disse:
– Così lei mi conosce.
- Beh, un attore della sua fama, praticamente ho visto quasi tutti i suoi film.
- Richard Gere? Ma certo, – parafrasò Pablo sincero – ma pensa che non l’avevo nemmeno riconosciuto, con tutto sto trambusto. Anche io la ammiro molto ed ho visto praticamente tutti i suoi film.
- E qual’è quello che ha gradito di piu? Tra l’altro, non ci siamo nemmeno presentati – e allungò una mano a Pablo, il quale gliela strinse con vigore e rispose – Pablo.
Poi si mise a pensare, mentre un silenzio terribile si impadronì della sua mente e della situazione, con Kelly che guardava l’attore ammirata e incurante della ferita alla coscia ormai dimenticata, e Pablo che si scervellava per farsi venire in mente il nome di un film, almeno uno, ma questo non arrivava. La sua mente era annebbiata e non c’era nulla che potesse fare.
Richard Gere allora fece una battuta di riguardo per cambiare discorso e toglierlo dall’imbarazzo, chiacchierò un altro istante con Kelly, poi fece gentilmente capire alla coppia che era ora per lui di accomiatarsi.
– Ho una qualche chiamata da fare – disse infine – Carlo vi accompagnerà all’uscita – e battè le mani per richiamare il fido guardiano.
Pablo finì il whisky e ringraziò ancora per l’accoglienza. Semmai Richard volesse mettersi in contatto con lui per fare un’escursione in moto in futuro, estrasse il taccuino e scrisse sopra il suo nome e numero di cellulare in un foglietto, che strappò e lo porse al loro anfitrione e nuovo amico.
– Grazie, ti contatterò di sicuro, eccoti il mio numero privato – così dicendo Richard prese un biglietto da visita dal taschino dei pantaloni, che recava solo le iniziali, R.G., ed un numero di cellulare con prefisso internazionale degli Stati Uniti. Figurati se lo chiama, pensò un po’ maligna Kelly, leggermente gelosa di questa amicizia istaurata da Pablo.
Richard Gere chiamò Pablo il giorno del suo compleanno (lo scoprì tramite Facebook) e anche un po’ di volte durante l’anno; aveva gradito il fatto di essere stato trattato come una semplice persona, come un essere umano, cosa che non gli succedeva molto spesso dovuto alla sua fama. Un paio d’anni dopo il loro primo incontro, Pablo e Richard si fecero due settimane in moto per le montagne sarde assieme ad un gruppo di enduro organizzato da Pablo, ma questa è un altra storia.
Qualche mese dopo l’episodio sardo, mentre Pablo e Kelly si godevano il sole caldo di una spiaggia del Panama, un cameriere in divisa gli servì un Daiquiri gelato seguito da un inchino reverenziale. Kelly commentò: che gentiluomo, e a lui venne immediatamente un flash. Si alzò repentinamente dalla sdraia dove si era assopito all’ombra di una palma e gridò – Ufficiale Gentiluomo!
Kelly ed il cameriere lo guardarono straniti, mentre lui continuava a saltellare sulla sabbia e ripetere noncurante della gente attorno - Ufficiale Gentiluomo, ha ha ha, Ufficiale Gentiluomo - ridendo a squarciagola…



